Chi siamo
componenti
La MEIM è costituita da un gruppo di docenti, ricercatori e studenti di dottorato e di laurea magistrale per lo più operanti presso la Sapienza Università di Roma. Guidata per i primi vent’anni dal suo fondatore Italo Signorini, dal 1998 è diretta da Alessandro Lupo.
obiettivi
La MEIM persegue tra i suoi obiettivi la documentazione, lo studio e la valorizzazione della cultura dei popoli originari del Messico. Alla ricerca etnografica e alla produzione scientifica, affianca attività didattiche, divulgative e museografiche.
storiA
La MEIM è nata nel 1973 per iniziativa di Italo Signorini (1935-1994) e col sostegno del Ministero degli Affari Esteri. Per i primi vent’anni, le ricerche hanno riguardato i Huave o Ikoots di San Mateo del Mar (Oaxaca) e i Nahua o Maseual della Sierra Norte di Puebla. Dopodiché si sono estese a numerosi altri gruppi etno-linguistici (tra cui svariate comunità otomí di Hidalgo, maya del Chiapas e dello Yucatán, purépecha del Michoacán ecc.), oltre che a contesti non-indigeni urbani.
La MEIM nasce in base all’accordo culturale stipulato fra Italia e Messico nel 1969 per favorire le ricerche di archeologi ed etnologi italiani in terra messicana. Nel 1972 il direttore dell’allora Istituto di Etnologia dell’Università “La Sapienza” di Roma, Vinigi L. Grottanelli, durante un primo viaggio esplorativo in Messico incontra il direttore dell’Instituto Nacional de Antropología e Historia, Guillermo Bonfil Batalla, con l’intento di avviare ricerche etnografiche nel Messico meridionale. La direzione della missione viene affidata a Italo Signorini, che dal 1970 ricopre l’insegnamento di Civiltà Indigene dell’America nell’Ateneo romano.
Le attività di ricerca hanno inizio nel 1973, sotto la guida di Italo Signorini, per protrarsi sino ai nostri giorni, con cadenza pressoché annuale. Dopo l’improvvisa scomparsa di Signorini, nel 1994, la direzione viene assunta da Alberto Mario Cirese (1994-1996), Maria Minicuci (1996-1998) e infine da Alessandro Lupo (dal 1998 a oggi). Una così lunga continuità di azione, insolita nel panorama etnologico italiano, è stata possibile grazie al costante sostegno del Ministero degli Affari Esteri, cui si sono aggiunti più saltuari contributi del Consiglio Nazionale delle Ricerche e dei Ministeri della Pubblica Istruzione e dell’Università e della Ricerca.
All’inizio degli anni ’70 la conoscenza antropologica di molti dei gruppi indigeni di Oaxaca (uno degli Stati messicani dalla più variegata composizione etno-linguistica) risulta assai lacunosa. Emerge, quindi, l’interesse di approfondire lo studio sui Huave o Ikoots dell’Istmo di Tehuantepec: una etnia allora di circa 10.000 individui, dediti prevalentemente alla pesca e caratterizzati da un sistema di sussistenza, da istituzioni sociali e tratti culturali di considerevole originalità e di rilevante interesse antropologico e storico. Lo studio della società e della cultura huave copre negli anni uno spettro tematico molto ampio, comprendente il sistema produttivo ed economico, l’organizzazione sociale, politica e cerimoniale, la parentela, la lingua e le forme di espressione orale, la medicina, l’etnoscienza, l’astronomia, la cosmologia, la mitologia, la religione e il rituale, i processi di scolarizzazione e di ridefinizione e tutela del patrimonio culturale nativo.
A partire dal 1980, pur senza interrompere le ricerche tra gli Ikoots, prende avvio un secondo fronte d’indagine tra i Nahua o Maseual della Sierra Norte dello Stato di Puebla, estrema propaggine nordorientale delle genti che in epoca preispanica avevano dominato l’Altopiano centrale. A differenza degli Ikoots, la documentazione esistente circa il passato dei Nahua è assai ricca, il che consente di stabilire confronti puntuali tra la situazione attuale e le grandi civiltà del passato, esaminando le trasformazioni di cui essi sono attualmente protagonisti. Anche tra i Nahua le ricerche hanno modo di esplorare svariati ambiti tematici, tra cui le conoscenze e le pratiche mediche, la tradizione orale di impiego rituale, l’organizzazione politico-religiosa e l’articolato sistema festivo, la musica e le danze cerimoniali. In tempi più recenti si indagano la crescente appropriazione da parte della popolazione nativa degli strumenti di definizione e affermazione identitaria, l’interazione tra le istituzioni governative e i detentori dei saperi tradizionali (soprattutto in ambito terapeutico), l’influsso della corrente teologico-pastorale denominata Teología India sulle pratiche religiose e sulla vita comunitaria, la difesa della lingua e della cultura nativa e la preservazione del territorio e delle risorse locali.
Dal 2004, si estendono le indagini a un terzo importante gruppo etno-linguistico, gli Otomì o Yuhú del sud della Huasteca, che condividono concezioni e pratiche con i loro vicini totonachi, tepehua e nahua. In un primo momento, si studiano le rivendicazioni identitarie e la radiodiffusione – attraverso il caso della radio comunitaria di Huayacocotla – e, in seguito, i saperi specialistici riguardanti la tutela della salute individuale e collettiva, le pratiche rituali e il delicato rapporto con l’ecosistema della Sierra Otomi-Tepehua. In tale contesto, oggetto particolare di studio e analisi sono state anche le concezioni relative al corpo e all’uso degli oggetti rituali per instaurare un dialogo con le entità sacre otomì.
Dal 2006 la Missione estende le proprie indagini ad altre aree del Messico. Nel settentrione: nello stato di Chihuahua, affronta lo studio del rapporto dei Tarahumara o Rarámuri con il territorio, la loro concezione del cosmo e la scansione del tempo; tra gli Yaqui o Yoreme di Sonora si studiano invece le concezioni e le pratiche terapeutiche in un contesto di pluralismo medico. Nel Messico centrale: nella parte occidentale popolata dai Taraschi o Purépecha (in Michoacán) si indagano l’attività cerimoniale, le rappresentazioni e le pratiche legate all’infanzia in relazione al recente fenomeno migratorio, nonché le trasformazioni dei saperi terapeutici e del loro impiego; tra gli Otomì di Tlaxcala, le lotte in difesa delle varietà di mais autoctono; nella pianura costiera orientale di Veracruz, la rivitalizzazione della medicina tradizionale nahua. Nel meridione: tra i Chontal e i Zapotechi o Binni záa dell’Istmo di Tehuantepec, si indagano le forme di pluralismo medico e gli usi identitari della medicina tradizionale; tra i Zoque del Chiapas le iniziative economiche delle donne. Infine, nella vasta area sud-orientale occupata dai diversi gruppi di lingua maya, studiano le pratiche e le politiche sanitarie destinate agli indigeni (in Yucatán e Chiapas), le nuove forme di collaborazione economica attuate dalle donne (in Chiapas), i riti di passaggio e le forme espressive teatrali (in Yucatán).
Trasversale alle diverse indagini locali è l’attenzione della Missione per i criteri di definizione delle forme di riconoscimento indigene e per la ridefinizione, il recupero e l’impiego del retaggio culturale autoctono. Negli ultimi decenni, nelle aree del Messico in cui si registra una consistente presenza di popolazione nativa, si assiste a vivaci processi di rivendicazione politica, iniziativa economica, trasformazione sociale e innovazione culturale. I popoli originari messicani registrano al contempo crescita demografica e dispersione territoriale, riduzione della percentuale di parlanti le lingue autoctone e accresciuta consapevolezza del valore delle proprie tradizioni, esposizione alla pressione economica dei mercati e capacità di mettere a frutto inedite iniziative imprenditoriali. Un crescente numero di indigeni si impegnano con successo nella rivendicazione della dignità, dell’autonomia, del benessere, della sicurezza e del miglioramento delle condizioni di vita delle loro comunità.
A seguito della digitalizzazione di gran parte dei materiali audiovisivi e cartacei raccolti e prodotti nel corso delle indagini, cui ci si è dedicati durante la pausa imposta dalla pandemia (2020-2021), la MEIM apre alle comunità studiate l’accesso al proprio archivio digitale. Accanto agli sforzi per aiutare gli insegnanti e i protagonisti delle diverse attività produttive, sociali ed espressive a preservare la vitalità della lingua e della cultura autoctone, trasformandole e adattandole alle esigenze del mondo contemporaneo, i membri della Missione avviano iniziative di museografia partecipativa con alcuni musei in Italia e in Messico, al fine di diffondere la conoscenza degli aspetti più significativi delle culture native, promuovere la consapevolezza del loro valore e rafforzare i processi volti a favorire l’autonomia, l’autodeterminazione, la dignità e il benessere dei popoli originari.
logo
L’omologia tra l’essere umano e le piante, in particolare il mais, è un aspetto condiviso dal pensiero di molti popoli dell’area mesoamericana; un’equivalenza che vale in termini tanto materiali – piante ed esseri umani possiedono lo stesso corpo – quanto animici – piante ed esseri umani sono entrambi persone.
La figura rappresentata nel logo della MEIM, al centro delle lunghe “braccia” della pianta del mais, è dunque una spiga che svela la sua essenza di persona non umana. Una spiga che, allo stesso tempo, è l’essenza stessa dell’essere umano mesoamericano, la sua carne e il suo pensiero. Tale immagine ricorre nei motivi tessili di molte culture del Messico indigeno e il suo significato è profondamente condiviso. In questa particolare resa grafica, il disegno si ispira direttamente a un tessuto realizzato da doña Luisa Arroyo Vicenta, della comunità otomì di Acuautla (Huehuetla, Hidalgo).
Il suo nome otomì è do mba yuni, letteralmente “fiore dalle lunghe braccia” o, come spiega la tessitrice: “fiore che sboccia con forza”, le cui braccia possono arrivare lontano. Al centro, nel cuore di questa spiga-persona, vi è un piccolo occhio che le permette di “vedere”, ovvero di comunicare con il mondo non umano attraverso l’immaginazione onirica.